Le carceri italiane



Sono oltre 61 mila i detenuti in Italia, a fronte di una capienza regolamentare massima di 51 mila posti (dato del Ministero della Giustizia, febbraio 2020). Sovraffollamento, la prima parola che potrebbe venire a mente quando si parla di carceri in Italia. Un tasso di recidività alto: due detenuti su tre, che escono di prigione, continuano a commettere reati. Un sistema di riabilitazione che evidentemente non funziona, oltre al fatto che l'ambiente penitenziario rischia di diventare una scuola criminale per molti, non un luogo per riflettere sui propri errori. La soluzione detentiva dovrebbe essere vista come ultima scelta per la pena a seguito di un reato, soprattutto per quanto riguarda l'ergastolo. Un detenuto rappresenta un costo elevato per l'intera società: se esiste una soluzione alternativa bisogna prenderla in considerazione: il colpevole di guida in stato di ebrezza, per esempio, oltre al ritiro della patente in modo temporaneo, potrebbe passare una notte al pronto soccorso di un ospedale per comprendere gli effetti degli incidenti stradali. Sono azioni più concrete, che mirano veramente alla riabilitazione.
Inutile è la pena di morte: in una nazione come la nostra, dove la nostra Costituzione garantisce il diritto alla vita, sarebbe anticostituzionale giustiziare un detenuto. Un azione scorretta, ingiusta, che riporterebbe il nostro Paese indietro di 70 anni, durante il ventennio fascista.